Peer mentoring nelle università del Regno Unito: come funziona e quando può davvero aiutarti?
Se stai pensando di trasferirti nel Regno Unito per studiare — e magari ti stai chiedendo “come faccio a non sentirmi completamente spaesat* i primi mesi?” — probabilmente ti è capitato di imbatterti in termini come “peer mentoring”, “buddy scheme”, “PASS”. A volte sembrano la soluzione a tutti i problemi dell’adattamento; altre, una di quelle cose che le università ti piazzano davanti senza spiegarti davvero se ti serviranno. Proviamo a raccontarti la faccenda senza filtri, con qualche esperienza vissuta e fonti serie, così puoi capire come queste iniziative funzionano davvero — e quando non fanno per te.
Che cos’è davvero il peer mentoring nelle università inglesi?
Il peer mentoring, nella maggior parte delle università UK, è una specie di “paracadute sociale”: uno studente del secondo o terzo anno (il mentor) viene abbinato a te, che magari sei appena atterrato con le valigie e l’angoscia da ‘non conosco nessuno’. Lo scopo non è risolvere gli esami al posto tuo, ma aiutarti a decifrare la vita in campus: trovare le aule senza perderti, capire i trucchi non scritti per sopravvivere alle prime settimane.
Il supporto può essere individuale o in piccoli gruppi, dipende dal numero di iscritti e dalla facoltà. Non è un percorso infinito: spesso il rapporto dura pochi mesi, fino a quando inizi a sentirti più autonom*.
Peer mentoring è davvero utile per chi parte da zero? Quali vantaggi concreti — e limiti — devi aspettarti
- Senso di appartenenza e meno ansia: Chi partecipa a un buddy scheme ha più probabilità di sentirsi parte della comunità universitaria e tende a mollare meno (studio 2024). Per chi teme la solitudine o lo spaesamento, a volte basta anche solo una faccia amica che risponde ai messaggi in preda al panico.
- Quel che non sta sui siti ufficiali: Orari strani della biblioteca, scorciatoie per prenotare le aule, appunti del modulo che nessuno trova… sono info che raramente scopri da solo i primi mesi, ma il mentor te le gira volentieri perché “così fanno tutti”.
- Skill pratiche per chi aiuta: Fare da mentor non è solo volontariato: ricevi formazione (obbligatoria alla University of Manchester, fonte), impari come supportare gli altri, e il tutto pesa bene sul CV.
- Limiti veri — non aspettarti miracoli: Il mentor non è un tutor accademico (non può correggerti i compiti), né uno psicologo (per la salute mentale esistono servizi appositi, come precisato anche dalla University of Bristol). Inoltre, tutto dipende dalla motivazione del mentor e dal coordinamento del dipartimento: a volte filano lisci, altre… meno.
Come si entra in un programma di peer mentoring alle università UK? – Esempi concreti
(Queste sono le domande che riceviamo sempre: “Mi abbinano in automatico?”, “Arriverà una mail a sorpresa?”, “Mi devo presentare io?”)
| Cosa aspettarsi | Come funziona di solito |
|---|---|
| Chi sono i mentor | Volontari del secondo o terzo anno, selezionati e formati |
| Come avviene l’abbinamento | Di solito per corso, a volte anche per background o esigenze personali (es: LGBTQ+, studenti internazionali, neurodivergenti) |
| Quando si parte | Spesso ricevi un’email ancora prima di partire per il UK; gli incontri veri iniziano nella “Welcome Week” o all’inizio del semestre |
| Numeri & gruppi | Ti puoi trovare one-to-one oppure in gruppetti di 5-10 persone (dipende dal programma e dal numero di iscritti) |
| Cosa si fa insieme | Coffee chat, tour del campus, Q&A informali, qualche volta anche workshop di studio (specie nei corsi scientifici) |
| Staff che controlla tutto | Nelle università più organizzate (come Newcastle, fonte) c’è un coordinatore che supervisiona i mentor |
| Certificati e ricompense | Di solito badge digitali e attestato; in qualche caso crediti “co-curriculari” |
Che differenza c’è tra Peer Mentoring e PASS (Peer Assisted Study Sessions)?
Qui c’è tanta confusione, quindi mettiamo le cose in chiaro:
- PASS: Sessioni di gruppo, guidate da studenti bravissimi (“high-achiever”), focalizzate al 90% su materie toste e preparazione agli esami. Magari si risolvono esercizi insieme o si ripassano i temi probabili del test.
- Peer mentoring: Molto più “social”, a 360°: domande su alloggio, la vita in residence, come scegliere le societal giuste… Passa anche per lo studio, ma non solo.
Alcuni corsi (vedi Manchester, Bristol) propongono entrambi: informati su quale attiva il tuo corso, non sempre sono scontati!
Quali università inglesi hanno programmi concreti e ben organizzati di peer mentoring? Ecco qualche esempio reale
University of Manchester
Se ti iscrivi a un corso di Science and Engineering, riceverai già nella Welcome Week il contatto di due mentor e partecipi (con altri 8-10 matricole) a incontri settimanali. Verso gennaio, si aggiungono sessioni extra per preparare gli esami.
University of Bristol
Qui puoi chiedere un mentor che abbia esperienze o identità simile alla tua: utile se sei LGBTQ+, “mature student”, ecc. Il programma di peer mentoring dura il primo trimestre, poi puoi scegliere tu se passare a PASS, che è più focalizzato sullo studio vero e proprio.
Newcastle University
Qui i mentor ti scrivono ancora prima che tu parta, spesso organizzano un primo tour fra biblioteche (+ pub crawl sostanzialmente soft). È previsto un training obbligatorio per i mentor e la supervisione continua di un membro dello staff.
Cosa può andare storto con il peer mentoring? Criticità reali (nessuno te lo dice prima)
- Gestione irregolare: Il sistema si basa su volontariato, e se il tuo mentor sta scoppiando tra esami e appuntamenti, può anche saltare qualche incontro.
- Non è uno sportello psicologico: Se senti di essere in difficoltà seria, il mentor potrebbe ascoltarti ma non può offrirti supporto clinico.
- Abbinamenti “creative”: In corsi piccoli, a volte non c’è scelta e ti trovi mentor di un dipartimento diverso, o con esperienze poco simili alle tue.
- Rischio-dipendenza: All’inizio il buddy è una comodità, ma dal secondo semestre si aspetta che inizi a camminare con le tue gambe. Chi si appoggia troppo, rischia di rallentare la propria autonomia.
FAQ – Domande che ci fate spesso su peer mentoring e buddy scheme nel Regno Unito
Peer mentoring nelle università UK: pro, contro e consigli finali
Se l’idea di arrivare da solo in UK ti mette ansia, peer mentoring può essere un modo onesto per spezzare il ghiaccio, trovare dritte pratiche (“dove compro una SIM inglese?”, “come si apre un conto bancario?”) e conoscere qualcuno che ci è passato prima di te. Non aspettarti però un mago che risolve i tuoi esami o la tua nostalgia di casa: ogni mentor dà quello che può, ma anche tu — strada facendo — dovrai imparare a prenderti le tue responsabilità.
Vuoi capire quali università hanno programmi di peer mentoring strutturati e seri, e dove invece rischi di trovarti tutto sulle spalle? Se vuoi parlarne senza pressione, noi di Studey ti offriamo volentieri uno spazio di confronto senza impegno né parole di circostanza. Puoi scriverci — anche solo per farci una domanda assurda — e valutare insieme se la strada del buddy fa per te, oppure preferisci volare “da sol*”. La scelta resta tua. Noi, comunque, ci siamo.
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